In Italia nel 2012 ha chiuso un’impresa al minuto. Milioni di famiglie sono in difficoltà. Scendono del 4,8% il reddito disponibile pro-capite a livello nazionale e del 4,4% i consumi reali pro-capite. “Questi numeri non vogliamo sentirli più – hanno spiegato durante la conferenza stampa nazionale i dirigenti di Rete Imprese Italia, il soggetto di rappresentanza unitario del mondo delle Pmi e dell’impresa diffusa, promosso dalle cinque maggiori Organizzazioni dell’artigianato, del commercio, del turismo e dei servizi: Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti – L’Italia ha persone e imprese straordinarie per tornare a crescere, ma serve un Governo che lo voglia fortemente e subito, perché non c’è tempo da perdere. La politica non metta in liquidazione le imprese”.

 

Un 2012 disastroso culminato con il record della pressione fiscale, la lunga caduta di redditi e consumi, un’altissima mortalità di imprese e la fiducia degli imprenditori che rischia di essere annientata.

 

Le imprese dicono basta e chiedono alla politica di cambiare rotta. Lo faranno nel corso di una Giornata di Mobilitazione nazionale indetta per lunedì 28 gennaio, giornata a cui si giungerà al termine di una intera settimana di iniziative sul territorio. Ovunque nelle città dell’Emilia Romagna saranno realizzate iniziative pubbliche e presentate richieste e proposte su cui attivare un confronto anche a livello locale.

 

“Anche in Emilia Romagna – spiegano Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti della regione – la situazione è grave. Le imprese attive alla fine del 2012 erano 474.534 di cui 54.279 nel manifatturiero, 78.790 nelle costruzioni, 102.998 nel commercio delle quali 50.936 nel commercio al dettaglio, 33.252 nel turismo e 120.958 in altri servizi. Anche il 2013 rischia di prolungare la lunga caduta dei redditi e conseguentemente dei consumi, con serie preoccupazioni per l’occupazione, che potrebbe continuare a diminuire. Sotto accusa la fiscalità che pesa per il 56% per i contribuenti in regola, una burocrazia che richiede ad ogni impresa 120 adempimenti fiscali e amministrativi all’anno, uno ogni 3 giorni, e un sistema del credito che nell’ultimo anno ha ridotto di 32 miliardi l’erogazione di finanziamenti alle aziende. Così il nostro sistema imprenditoriale continua a rimanere sull’orlo del baratro”.

 

Le imprese dell’artigianato, del commercio, del turismo e dei servizi non vogliono rassegnarsi, ma ormai la loro sofferenza ha superato i livelli di sopportabilità. Da qui la decisione di Rete Imprese Italia di proclamare una Giornata di Mobilitazione nazionale articolata sul territorio. “Per far sentire la nostra voce - dicono Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti dell’Emilia Romagna - invitare e persuadere, costringere la politica a fare una riflessione vera, nuova, sul ruolo che le imprese che si riconoscono in Rete Imprese Italia possono avere per la ripartenza della nostra economia. Imprese che contribuiscono per circa il 60% al prodotto interno lordo e all’occupazione del Paese. Ora queste imprese non ce la fanno più a reggere il peso della crisi. Non ci stanno più ad essere considerate marginali. Tornare a crescere significa tenere insieme dinamicità dell’export e tonicità della domanda interna, ma anche promuovere politiche per il commercio, il turismo e i servizi e per l’artigianato.”

 

Chiaro quindi il messaggio che il 28 gennaio le Associazioni aderenti a Rete Imprese Italia lanceranno alla politica e alla prossima legislatura, con assemblee aperte a imprenditori, politici e amministratori locali, candidati alle elezioni, ma anche con manifestazioni pubbliche. Questo Paese, questa regione, hanno persone e imprese straordinarie per tornare a crescere, ma – dicono le Organizzazioni regionali – serve un Governo che lo voglia fortemente e subito, perché il tempo è già scaduto. “Vogliamo riaprire una stagione nuova di dialogo, che metta al centro della politica economica della prossima legislatura, chiunque governi, le istanze di questo sistema di imprese. Se vogliamo far rientrare l’allarme rosso del 2013, non possiamo aspettare la crescita, ma dobbiamo costruirla da subito, tutti insieme”.


Confesercenti E.R. plaude al rinvio del pagamento della prima rata della Tares a luglio, non solo perché almeno per questi mesi il settore del commercio e del turismo non verrà ulteriormente gravato da una tassazione che già così com’è contribuisce al perdurare della crisi, ma soprattutto perché ci sarà tutto il tempo, da parte del Governo che verrà eletto a febbraio, di rivederne i contenuti.

Il compromesso raggiunto in Senato tra la Commissione ambiente che chiedeva di far partire la tassazione da luglio, e la Commissione bilancio contraria a tale ipotesi, non risolve il problema di fondo: la Tares, così come è stata pensata, andrà a pesare in maniera insostenibile sulle imprese, già provate da una tassazione eccessiva, e a cui quest’anno si è andata ad aggiungere l’Imu.

Per Roberto Manzoni, Presidente della Confesercenti E.R., “è necessario trovare al più presto strategie di rilancio dell’economia regionale e nazionale anche attraverso una revisione del gettito fiscale. Ormai- continua Manzoni- non c’è più tempo da perdere: solo quest’anno, nella nostra regione, hanno chiuso i battenti oltre mille imprese commerciali, un dato davvero allarmante”.

I nostri centri urbani sono l’espressione della polis greca, il luogo in cui si svolgevano le attività sociali, culturali ed economiche dei cittadini. Essi sono quindi l’emblema della partecipazione collettiva alla costruzione del bene comune.

In questi ultimi anni, come è ormai sotto gli occhi di tutti, essi hanno progressivamente perso di attrattiva, tanto da costringere molti cittadini a spostare le loro abitazioni fuori dal cuore delle città; la stessa cosa è accaduta per le attività commerciali, attaccate ai fianchi dalla grande distribuzione e da un costo degli affitti e dei trasporti insostenibile. I motivi all’origine di tutto ciò sono complessi, ma il risultato è l’impoverimento sociale, economico e culturale dei nostri centri.

La volontà di rivitalizzarli ha fatto nascere la necessità di confrontarsi sulle diverse esperienze di “Town centre management” nate in diverse città del mondo. Con questa locuzione si intende la gestione del centro città, sperimentato dagli anni Sessanta soprattutto negli Stati Uniti e successivamente in Gran Bretagna, con lo scopo di ripensare i centri urbani in termini di qualità della vita e di forme di commercio tradizionale. Utilizza forme di partnership tra pubblico e privato, in modo da condividere progetti di sviluppo in cui tutti soggetti coinvolti possano trovarne beneficio, visioni capaci, inoltre, di attrarre investimenti .

Un confronto fra le varie esperienze di Town centre management nel mondo, in particolare negli Usa, in alcuni Paesi europei e passando attraverso l’analisi di alcune esperienze di città italiane, si svolgerà il 15 gennaio prossimo a Bologna all’interno di un seminario destinato a dirigenti e operatori del settore commerciale impegnanti nelle esperienze di associazionismo dei centri commerciali naturali in Emilia Romagna.

L’incontro sarà introdotto dall’Assessore al Turismo e Commercio della Regione Emilia-Romagna Maurizio Melucci.

La Confesercenti Emilia Romagna ha condotto un rilevamento presso un campione di negozi di abbigliamento e calzature della nostra regione, per conoscere l’andamento delle vendite nei primi due week end di gennaio, in occasione dei saldi.

Il 57% degli interpellati evidenzia una diminuzione delle vendite a fronte di un 35% che dichiara invece stabilità e un 8% che registra un aumento.

Emerge, quindi, una sostanziale diminuzione del potere d’acquisto degli emiliano-romagnoli. Di fatto il 67,92% dei negozianti interpellati dichiara una diminuzione dello scontrino (in media del 20%), mentre solo il 9,43% sostiene di aver avuto un aumento dello scontrino (in media del 10%); il rimanente 22,64% registra uno scontrino come quello dell’anno scorso. Il valore medio registrato in questo periodo dello scontrino si attesta sui 70 euro.

Gli operatori che hanno tenuto aperta la loro attività la domenica 6 gennaio sono stati complessivamente il 73%, la domenica successiva il 47%, prevalentemente nei centri urbani.

I dati delle vendite in questo primo periodo di saldi – afferma il direttore della Confesercenti E.R. Stefano Bollettinari commentando l’indagine – dimostrano che i consumi stentano a riprendersi e le difficoltà anche per i negozi persistono, sebbene la nostra analisi dimostri come la situazione si presenti diversificata e quasi la metà degli interpellati dichiari una andamento abbastanza soddisfacente delle vendite. E’ chiaro che ciò non può compensare il mancato fatturato verificatosi in corso dell’anno, a cui si aggiunge il continuo aumento dei costi fissi e di gestione. Tutto ciò appesantito dall’introduzione di nuove tasse, ultima la Tares, che ovviamente incide pesantemente non solo sulla sopravvivenza delle piccole imprese, ma anche sul potere d’acquisto delle famiglie e quindi sulla capacità di ripresa dell’intero Paese.”

 

 

Se le notizie di questi giorni sull’andamento nazionale dei consumi prefigurano scenari da dopoguerra, nella nostra regione i dati forniti da Unioncamere sulla “congiuntura del commercio in Emilia Romagna”, sebbene non siano così allarmanti, segnalano una tendenza negativa che dal primo trimestre 2008 non sembra purtroppo arrestarsi.

Tali dati sono stati così commentati dal direttore della Confesercenti Emilia Romagna, Stefano Bollettinari:

 I dati di Unioncamere sulla “congiuntura del commercio in Emilia Romagna” nel 3° trimestre 2012 continuano a far registrare difficoltà pesanti soprattutto per ciò che concerne le piccole imprese.

In particolare in riferimento all’andamento delle vendite, le piccole imprese fino a 5 addetti soffrono il calo più pesante (-8,4%) unitamente a quelle da 6 a 19 addetti (-7,1%). Constatiamo con preoccupazione anche la flessione della consistenza delle imprese attive nella nostra regione dove, rispetto al settembre dell’anno precedente, hanno chiuso i battenti oltre 500 negozi al dettaglio e circa 1.000 imprese commerciali nel complesso del settore.

E’ evidente che per invertire o almeno attenuare questo trend sfavorevole in atto occorrono soprattutto interventi di politica economica a livello nazionale che riguardino sia il miglioramento della capacità di spesa dei consumatori e l’occupazione, sia un supporto più determinante alle piccole imprese per ciò che concerne innovazione e credito attraverso politiche di settore e finanziamento dei Confidi.”

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