Si terrà lunedì 26 marzo alle ore 15, presso la sede regionale di Confesercenti Emilia Romagna, via Don Bedetti 26 Bologna un seminario regionale, aperto alle imprese del commercio alimentare e ai pubblici esercizi, su etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti, in relazione all’adeguamento e agli aspetti applicativi della normativa europea per le imprese del commercio alimentare e della ristorazione, particolarmente rilevanti per quanto riguarda gli aspetti sanzionatori.

L’adeguamento alle norme europee è previsto dal Decreto legislativo n. 231/2017, pubblicato in gazzetta Ufficiale lo scorso 8 febbraio e prevede l’entrata in vigore delle nuove disposizioni a far data dal prossimo 9 maggio.

Oggetto del Decreto sono essenzialmente gli aspetti legati alla vendita di prodotti alimentari non preimballati e le indicazioni riguardanti le informazioni sulla presenza di allergeni nei prodotti all’interno dei pubblici esercizi.

Il seminario, organizzato da Fiepet (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e Fiesa (Federazione Italiana Esercenti Settore Alimentare) Emilia Romagna, sarà tenuto dall’Avv. Roberto Gullini.

Nel 2013, era stata approvata, con il convinto sostegno di ANVA-Confesercenti, una legge regionale che limitava sensibilmente il proliferare dei mercatini degli hobbisti, imponendo agli operatori un tesserino rilasciato dal Comune con un massimo di partecipazioni possibili in un arco temporale definito, terminato il quale si dismetteva l’attività hobbistica o la si trasformava in attività di impresa con partita IVA.

Già allora si era intuito che il fenomeno dei mercatini senza regole da parte di privati potesse rappresentare, per consistenza e per deregolamentazione un elemento di forte concorrenza sleale e di abusivismo commerciale e con il più grave rischio che in essi potessero annidare fenomeni di illegalità.

Purtroppo la legge regionale del 2013 non trovò applicazione reale perché la successiva Delibera di Giunta Regionale n° 151 del 2014, voluta fortemente da una parte delle Amministrazioni Comunali della Regione, ha reso inefficace e inapplicata la legge del 2013 e ha sortito l’effetto dirompente e contrario di consentire una illimitata organizzazione di mercatini del riuso, che non dovendo sottostare alla normativa in materia di commercio su area pubblica e in sede fissa godono di una inaccettabile condizione di mancanza di regole ,controlli e sanzioni.

Il risultato è che vi sono centinaia di mercatini del riuso in tutta la Regione dove centinaia di operatori anziché scambiare o cedere oggetti propri, altrimenti destinati alla dismissione e allo smaltimento, effettuano operazioni commerciali di prodotti, il più delle volte acquistati e poi rivenduti, con una organizzazione professionale e in maniera non occasionale o saltuaria, ma ripetitiva e sistematica. Nel settore dell’antiquariato e del modernariato il volume di affari dei cosiddetti “hobbisti” e degli abusivi supera addirittura il 50% dei consumi del settore.

Per queste ragioni riteniamo che molti soggetti privati che vendono nei mercatini del riuso svolgano attività di impresa, anche se non in forma prevalente e come tali dovrebbero sottostare alla normativa prevista per le imprese sotto il profilo amministrativo, fiscale e previdenziale.

Urge pertanto una regolamentazione del settore e a proposito Anva-Confesercenti rinnova la richiesta alla Regione Emilia Romagna di far rispettare in tutto il suo territorio la Legge regionale sugli hobbisti e di annullare la delibera sui mercatini del “riuso” che viene utilizzata strumentalmente per aggirare tale normativa, con l’accondiscendenza, purtroppo, di taluni Comuni.

Non si vogliono sopprimere pratiche virtuose di riuso o di scambio di prodotti, ma piuttosto ricondurle nel loro alveo naturale e corretto, a garanzia dei consumatori, nel pieno rispetto delle volontà del legislatore nazionale in tema di riutilizzo di prodotti e a tutela delle imprese commerciali.

“Le molteplici forme di commercio di prodotti e merci su area pubblica al di fuori della normativa regionale di riferimento - sostiene Enrico Ferrari, Coordinatore regionale ANVA-Confesercenti- hanno assunto dimensioni e modalità tali da danneggiare pesantemente chi opera in modo regolare; veri e propri canali paralleli senza regole e senza controlli che non sono più accettabili per la nostra Associazione che da sempre si batte per il rispetto della legalità e per dare dignità alle imprese in un sistema di diritti e doveri condivisi e uguali per tutti”.

Preoccupazione per i dati emersi dall’indagine di Unioncamere E.R. sulla congiuntura del commercio nella nostra regione, che evidenzia il persistere di una ripresa altalenante e delle difficoltà in cui continua a trovarsi la piccola distribuzione, è stata espressa dal presidente della Confesercenti E.R. Dario Domenichini che ha dichiarato quanto segue:

L’indagine di Unioncamere, nonostante registri un lieve aumento delle vendite complessive dello 0,1% nel quarto trimestre, rileva come il 2017 si chiuda ancora con una flessione dello 0,5% e come le problematicità maggiori riguardino soprattutto le piccole imprese. Ciò significa che finora non sono state fatte adeguate politiche di sostegno ai piccoli imprenditori che si trovano penalizzati da un confronto impari con alla grande distribuzione, da una crescita esponenziale dell’e-commerce, da una concorrenza sleale frutto del persistere di molte forme di abusivismo e da una tassazione e da affitti non più sostenibili dai piccoli commercianti. La riduzione delle ditte individuali è il segno di come sia in crisi il modello di autoimpresa e come non ci siano azioni adeguate per agevolare e incentivare l’autoimprenditorialità. Ci aspettiamo che il nuovo Governo ponga fra le proprie priorità il rilancio e il sostegno di queste forme di impresa, necessarie alla qualità e alla sicurezza delle nostre città e allo sviluppo economico dell’intero Paese.”

Serve al più presto un Governo che affronti i problemi delle piccole e medie imprese e che eviti l’aumento dell’Iva.

Infatti, secondo una simulazione condotta da Confesercenti, se dovessero scattare gli aumenti dell’IVA imposti dalle clausole di salvaguardia, questi avrebbero un grave impatto sui consumi, portandoci a perdere nel prossimo triennio 23 mld di euro di spesa (quasi 2 mld in Emilia Romagna) circa 885 euro a famiglia, con la conseguenza di rallentare anche il Pil, con una riduzione di 1,1 punti sulla crescita stimata del prodotto interno lordo tra il 2019 e il 2021. Il primo passo per disinnescare le clausole sarebbe l’inserimento di un intervento di “sterilizzazione” già nel prossimo Documento di economia e finanza (Def) che dovrà essere presentato all’Europa in aprile.

Altri interventi urgenti che dovrà affrontare il nuovo Governo ad avviso di Confesercenti Emilia Romagna, riguardano la difficile situazione delle piccole e medie imprese soprattutto del settore terziario, alle prese da anni con oneri fiscali, tariffari, burocratici e di costo degli affitti che ne stanno portando molte a chiudere i battenti.

L’altra grande priorità è la sicurezza delle città e del territorio, assieme al dilagare dell’abusivismo commerciale, dell’illegalità e della concorrenza sleale a tutti i livelli, compresa quella delle grandi piattaforme dell’online.

“Occorre scongiurare l’aumento dell’IVA – sostiene Dario Domenichini, presidente Confesercenti Emilia Romagna – perché rischierebbe di portare ad uno stop la fragile ripresa in atto. La pressione fiscale sui consumi, tra IVA, accise, bolli, tariffe per i servizi e altri oneri in Italia è già molto alta. Alzare ancora il livello di imposizione porterebbe inevitabilmente ad un’ulteriore frenata, lasciando sul campo tante piccole imprese ancora in difficoltà e spesso lasciate a se stesse a combattere la sfida impari della competizione globale”.

Le imprese al femminile In Emilia-Romagna nel complesso resistono e registrano addirittura un lieve incremento. Anzi, la crisi passata sembra averle toccato meno rispetto a quelle maschili (2.833 in meno, con uno -0,9 per cento).

E’ quanto emerge dai dati del Registro delle imprese delle Camere di Commercio elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna.

Al 31 dicembre 2017 le imprese attive femminili sono risultate 85.108, pari al 21 per cento del totale delle imprese regionali, con un lieve incremento (+77 unità, pari allo 0,1 per cento), rispetto alla fine dell’anno precedente.

Ma i dati non sono omogenei in tutti i settori di impresa: nel settore del commercio al dettaglio risultano negativi, con -292 unità (-1,7 per cento), cosi come in agricoltura (-290 unità, -2,2%) e nelle costruzioni (-0,9%), mentre crescono le imprese dell’insieme dei servizi (+0,6 per cento, +377 unità), grazie soprattutto all’incremento delle aziende dei servizi alla persona (+183 unità, +1,9 per cento), delle attività per le funzioni d'ufficio e di supporto alle imprese (+95 unità, +8.5 per cento) e al boom della sanità e assistenza sociale (+79 unità, +9,5 per cento).

Il lieve ampliamento nel numero delle imprese femminili è da attribuire alle società di capitale, che sono sensibilmente aumentate (+512 unità, pari a un +3,7 per cento), anche per effetto dell’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata semplificata. Questa ha contribuito alla sensibile riduzione delle società di persone (-310 unità, -2,4 per cento), alla quale si è affiancata una lieve flessione delle ditte individuali (-151 unità, -0,3 per cento). Le cooperative e i consorzi continuano a fare registrare una discreta crescita (+2,0 per cento).

Il calo delle imprese del commercio fa parte della diminuzione complessiva delle imprese dell’insieme del commercio (-267 unità, -1,2 per cento), per esclusivo effetto del calo del dettaglio (- 292 unità, -1,7 per cento), pressato dalla restrizione del credito e dalle variazioni delle abitudini di consumo, e che, a causa della ripresa in corso, beneficia di una minore spinta alla crescita della base imprenditoriale derivante dallo sviluppo delle forme di auto impiego.

I dati sulle imprese al femminile nella nostra Regione - afferma Paola Morselli Coordinatrice Imprenditoria Femminile di Confesercenti E.R. - segnalano le difficoltà che incontrano le donne imprenditrici soprattutto nel commercio al dettaglio. Alle problematiche della congiuntura economica si sommano, infatti, ancora oggi, le difficili condizioni del contesto in cui operano le donne imprenditrici.

La giornata dell’8 marzo – continua Morselli - è perciò un’occasione non solo per fare gli auguri alle donne imprenditrici, ma anche per richiedere alle Istituzioni una maggiore attenzione alle donne imprenditrici che hanno bisogno di strumenti e risorse per stare sul mercato con pari opportunità.”

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